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SEO

Black Hat SEO

By Gennaio 10, 2020Gennaio 17th, 2020No Comments

Che cosa è la SEO Black Hat?

Il termine Black hat SEO si riferisce ad un insieme di pratiche che vengono utilizzate per aumentare il posizionamento di una pagina web tra i risultati dei motori di ricerca, avvalendosi di mezzi che violano le linee guida dei motori di ricerca. Insomma lo scopo della SEO black hat è lo stesso della SEO tradizionale (white hat), ovvero il posizionamento, a cambiare sono i metodi utilizzati.
Il termine “black hat” deriva dai vecchi film western dove generalmente i cattivi erano soliti indossare il cappello nero (black hat in inglese) e i buoni dei cappelli bianchi.

Black Hat SEO

Black Hat SEO nella pratica

Nella pratica fare SEO black hat significa utilizzare dei metodi non consentiti, e poco limpidi, per migliorare il posizionamento di una pagina web nei risultati dei motori di ricerca. L’effetto generato dall’uso della black hat può effettivamente “ingannare” gli algoritmi dei motori di ricerca e portare ad aumenti temporanei del posizionamento. Temporanei, in quanto i sofisticati sistemi anti-spam adottati dai motori di ricerca negli ultimi anni portano all’identificazione delle pratiche black hat nel giro di breve, comportando il declassamento o anche l’esclusione totale del sito dai motori di ricerca.

Principali tattiche Black Hat SEO

Ecco un elenco delle principali tecniche black hat conosciute. L’utilizzo di queste tecniche viene definito dai motori di ricerca come una violazione delle linee guida ufficiali.

  • Link innaturali: l’inserimento di link non spontanei per aumentare il page rank.
  • Schemi di link: lo scambio di link, che può avvenire tra due soli siti o anche in maniera più articolata tra un numero superiore di siti, porta sempre alla creazione di catene chiuse di link riconoscibile da Google.
  • Link farm: consiste nell’attivazione di nuovi siti web, o anche nell’acquisto di siti dismessi, da usare appositamente creati per creare link innaturali da puntare alle pagine di cui si vuole far aumentare il ranking.
  • Contenuti automatizzati: sappiamo che a Google piacciono i siti ricchi di contenuto. C’è chi ha avuto quindi la bella idea di usare software e script per generarli in automatico. Questa tecnica è deleteria in quanto, anche nel caso di buon posizionamento sui motori, al momento della visualizzazione del testo artificiale ed innaturale gli utenti scapperanno dal sito.
  • Contenuti duplicati: pubblicazione di contenuti non originali ma copiati da altri siti
  • Doorway: utilizzo di pagine, posizionate sui motori di ricerca, che reindirizzano gli utenti ad altri contenuti a loro insaputa
  • Keyword stuffing: letteralmente “farcire” i testi con le parole chiave per cui ci si vuole posizionare
  • Testo nascosto: occultamento di porzioni di testo più o meno sofisticato. Si può fare anche semplicemente scrivendo nero su nero o bianco su bianco, per inserire nella pagina contenuti pieni di keyword senza che l’utente se ne accorga
  • Cloaking: utilizzo di script per mostrare contenuti differenti al motore di ricerca e agli utenti
  • Negative SEO: utilizzo di tecniche Black Hat SEO facilmente rilevabili dal motore di ricerca dirette a siti concorrenti, al fine di declassare il loro posizionamento
  • Catene di redirect: reindirizzamenti di pagine concatenati
  • Spinning dei testi: utilizzo di software in grado di duplicare un testo originale in tanti testi simili, ma non identici, sostituendo i termini con dei sinonimi o invertendo l’ordine delle frasi. Nel tentativo di produrre più contenuti possibile.

Rischi della Black Hat SEO

Il rischio che si corre se si decide di avvalersi di tecniche black hat è quello della penalizzazione. Ci sono due tipi di penalizzazioni che possono essere applicate ad un sito web su cui vengono rilevate attività contro le linee guida, penalizzazioni automatiche, penalizzazioni manuali.

  • Penalizzazioni automatiche: questo tipo di penalizzazioni avvengono in automatico quando l’algoritmo rileva attività non conformi sul sito e comportano un declassamento nei risultati di ricerca. Generalmente si risolvono “sanificando” il sito web, ovvero rimuovendo tutte le azioni irregolari compiute e facendo scansionare nuovamente da Google
  • Penalizzazioni manuali: le azioni Black Hat vengono valutate da un responsabile anti-spam di Google e penalizzate (appunto) a mano. Questo tipo di penalizzazioni comportano generalmente l’esclusione dal sito dai risultati di ricerca. Sono più difficili da superare. Bisogna ripulire ogni genere di sporcizia, effettuare una segnalazione al team antispam ed affidarsi alla loro benevolenza.

Black Hat SEO, usarla oppure no?

Abbiamo visto quali sono le principali tecniche Black Hat SEO utilizzate dai furbetti del posizionamento sui motori di ricerca. Il meccanismo alla base del successo di Google si basa sulla capacità di fornire agli utenti delle risposte utili, rilevanti e sicure, per questo il motore di ricerca numero uno al mondo è molto impegnato nel contrastare la SEO Black Hat. Se fino ad alcuni anni fa queste tecniche venivano utilizzate regolarmente, al giorno d’oggi sono sempre meno diffuse e sempre più vulnerabili alle azioni di penalizzazione Google.
Tuttavia non possiamo dire che la SEO Black Hat non esiste più. Anzi, in alcuni settori è ancora largamente utilizzata
Ecco alcune considerazioni riguardo l’utilizzo delle tecniche black hat:

  • posizionamento temporaneo: come precedentemente indicato, molte tecniche black hat, se ben usate, possono effettivamente portare ad un aumento del posizionamento temporaneo (ossia fin tanto che Google non se ne accorge). Per questo spesso vengono usate da chi desidera posizionare un progetto sul breve periodo, accettando il rischio di perdere completamente la posizione dopo un breve periodo
  • link building: i link innaturali sono contro le linee guida dei motori di ricerca. Tuttavia la link building, pratica SEO che punta all’ottenimento di link in ingresso al sito, si basa in gran parte nell’inserimento di scambio link, link a pagamento, schemi di link;
  • settori spammosi: ci sono dei settori (eg. siti pornografici o gioco d’azzardo) dove l’alta concorrenza delle SERP porta buona parte dei player ad adottare tecniche black hat. Piuttosto che esaurire completamente le risposte da dare agli utenti, Google sembra chiudere un occhio e lasciar passare qualche scorrettezza in questi ambiti
  • settori a bassa competività: controllare miliardi di siti al giorno dev’essere impossibile nemmeno per Google. Questo porta il motore di ricerca a concentrarsi di più sui settori più importanti, con alto numero di ricerche. Nel caso invece di settori a basso numero di ricerche è più probabile eludere i controlli. Ad esempio nel mondo della Local SEO non è affatto raro trovare SERP con link innaturali, keyword stuffing, uso di contenuti duplicati e talvolta anche testi nascosti.